Democrazia universitaria
Democrazia universitaria, Federazione Universitaria Cattolica Italiana, Roma 1951 (Quaderni di Ricerca. Serie “Università” n. 3).
La fine della Seconda Guerra Mondiale e la nascita della Repubblica significarono per il paese l’ingresso in un processo non solo di sviluppo economico e ricostruzione materiale, accompagnato dalla edificazione della nuova architettura istituzionale. Più in profondità, dal 1945 prende avvia un itinerario non scontato e assai articolato di acquisizione di una cultura compiutamente democratica quale metodo e forma della gestione delle relazioni sociali, economiche, politiche e culturali. Si tratta di un processo che ha al suo centro le forze politiche, con le culture che riescono ad esprimere e rappresentare, le quali si trovano a operare in un quadro plurale. Emergeva dunque un contesto nel quale l’agire politico richiedeva di assumere una compiuta coscienza dei limiti entro cui essere praticato e soprattutto l’accettazione del criterio del confronto e del voto come strumento di risoluzione dei conflitti.
Questo processo di democratizzazione della vita del paese tese a permeare di sé tutte le diverse dimensioni sociali e istituzionali, interrogando anche il mondo dell’istruzione e dell’università. Si poneva infatti la questione di cosa significasse introdurre la questione democratica all’interno del sistema universitario, tanto sul terreno degli organi istituzionali che governavano gli atenei quanto su quello delle forme proprie della vita universitaria. In quella cornice la F.U.C.I. affrontò una lunga e articolata riflessione il cui precipitato, oltre che sulle pagine delle riviste e dei fogli della Federazione, trovò casa nella serie “Università” dei Quaderni di ricerca. In quella collezione erano stati pubblicati lavori di studio e riflessione che avevano messo al centro un’analisi generale dello stato dell’Università italiana all’indomani del conflitto e quindi una discussione dei problemi maggiori della vita universitaria. Nel 1951 usciva infine il Quaderno dedicato alla questione della democrazia universitaria «intesa – annotava Romolo Pietrobelli nella prefazione – come costume e strutturazione di vita nei rapporti sociali». Nel contesto limitato e circoscritto della vita universitaria, gli universitari cattolici affrontavano il nodo di come dare consistenza alla democrazia, presentandola come la via per costruire collaborazioni fattive alla discussione e risoluzioni dei problemi della vita universitaria, che andavano dalla possibilità di accedere alle aule e alle strutture universitarie all’allargamento degli itinerari di studio ad una dimensione internazionale.
Si tratta di riflessioni che i fucini svilupparono cercando di restare sul terreno della contingenza storica, elaborando cioè una riflessione sull’Università e sulla sua funzione civile e politica a partire da quelle che erano le caratteristiche e le problematicità dell’esperienza vissuta come studenti negli Atenei italiani alla fine degli anni Quaranta e nei primissimi anni Cinquanta del Novecento. In ragione di questo approccio la proposta fucina era quella di insistere sulla democrazia universitaria delineando un ruolo politicamente chiaro per gli organi rappresentativi, che era quello di lavorare per: «migliorare le condizioni di studio, e … rendere più agevole la conversazione continua coi docenti».
La scelta di muovere dalla dimensione, per così dire, pragmatica dei problemi della vita universitaria per arrivare alla democrazia come via per affrontarli nel modo più efficace rispondeva ad una matura concezione della democrazia stessa. Nell’introdurre il Quaderno, Leopoldo Elia insisteva infatti sul valore della democrazia come fatto non solo politico, ma antropologico e proprio per questo capace di una risposta efficace di fronte all’esigenza di gestire le fragilità della condizione degli studenti ma anche di articolare in modo fruttuoso il rapporto fra studenti e docenti. «La democrazia – chiariva Elia – è il sistema di organizzare le varie attività umane, che meglio si addice alla dignità della persona: essa ne mette in valore tutte le doti, rendendo possibile, a parità di punti di partenza, la identificazione degli elementi più idonei al raggiungimento degli scopi che si pongono come causa della società democraticamente organizzata».
Così intesa la democrazia universitaria emergeva non solo come la questione della riorganizzazione di cui l’istituzione universitaria aveva bisogno nel quadro della nuova Italia democratica. Piuttosto, essa diveniva uno degli elementi che componevano il più esteso e capillare processo di assunzione del metodo democratico nelle diverse pieghe della vita del paese. E accanto a questo, porre il problema del metodo e della pratica della democrazia nel governo della vita universitaria esprimeva tanto una fiducia in questo modo di dare forma alla politica universitaria, quanto una idea altissima della funzione civile della stessa Università. Dentro la cornice della Repubblica, gli Atenei divenivano i luoghi in cui la disciplina spirituale dello studio, che era preparazione ad assumere responsabilità nella cultura, nella politica, nelle professioni, trovava la sua compiutezza nell’esperienza della democrazia, della partecipazione al processo democratico e nel misurarsi con la responsabilità della rappresentanza da esercitare negli organi universitari. Emergeva cioè con lucidità una riflessione sul ruolo di primo piano che l’Università doveva rivestire nella vita di un paese impegnato nella propria ricostruzione e nella ricerca di un proprio posto nella cornice internazionale che emergeva dalle macerie della guerra.
A cura di Riccardo Saccenti