Questo pugno di polvere

Questo pugno di polvere

Questo pugno di polvere

di Giorgio Romagnoni*

Con chi ho fatto la Fuci?

Se mai arriverò alla demenza senile ho un sogno: convincermi che il primo anno abbiamo invitato in sede Alcide De Gasperi in persona, il secondo sono venuti Sophie Scholl e Dietrich Bonhoeffer, poi le donne e gli uomini della Teologia della Liberazione, Maritain e i personalisti, Oscar Romero e madri e padri della Costituzione e molti altri… con una schiera così folta di personaggi ho spesso avuto l’impressione di studiare giurisprudenza nel tempo libero e per il resto mi dedicavo a scoprire le biografie di Gandhi e Mandela o dell’ultimo partigiano della Rosa Bianca di Monaco di cui avremmo parlato insieme con gli altri.

Queste persone erano state talmente vive che il loro ricordo ci segnava la coscienza e ci scuoteva come se fossero tra noi e non su un impolverato piedistallo dove mettiamo le loro statue per allontanarle dal nostro quotidiano e non farci turbare. A far così il mercoledì sera in via Santa Croce a Trento finiva tardissimo, ben dopo l’orario di chiusura dell’incontro o della riunione. Splendide erano anche le settimane comunitarie, ma oltre ai discorsoni e alle compiete non immaginatevi altre grandi cose. Si faceva tardi giocando al pc con una qualche versione di Call of Duty, si giocava a Dixit, si gossippava su una morosa persa o una appena arrivata, si faceva gli scemi, si stava di fronte alle nostre contraddizioni di ventenni che volevano cambiare il mondo…

O la Fuci, che a livello nazionale con la sua burocrazia da Prima Repubblica ad una certa mi è stata proprio stretta. Sentivo l’urgenza di renderla più vicina agli ultimi arrivati, meno parolaia e più concreta, meno retorica e più viva, meno rivolta al passato e più al presente; ma era l’epoca di Renzi e dei grillini e al Consiglio centrale ho fatto la figura di quello che voleva rottamare tutto e io non sapevo far di meglio che confermarla.

Ci ha pensato lo scorrere degli anni a farci fallire: le tessere e i gruppi sono diminuiti e noi intanto ci siamo estinti, siamo diventati trentenni e sono arrivati il burn out, le depressioni di alcuni e l’indifferenza di altri, lo stare sommersi tra lavoro e famiglia, tra etichette guadagnate e scranni vuoti, tra solitudini e assenza di prospettive comunitarie in una società della performance e della stanchezza, dei fascismi in Europa e dei cristiani in sagrestia.

Come rendiamo conto della speranza che è in noi oggi?

Diciamoci la verità: ce ne sta ancora di speranza? E di ricerca?

L’anno scorso mi sono fermato. Ho dovuto tirare le fila. Non mi alzavo dal letto. Era fallita la mia relazione con lei dopo 12 anni, al mio lavoro come assistente legale per richiedenti asilo il mio Paese aveva preferito gli accordi e le carceri, le torture e i trattamenti inumani e degradanti della Libia… Ho fallito. Ho rivisto terra dopo il naufragio quando ho capito che non c’era nulla di male ad ammetterlo. Resistenza e resa.

Mi sono sdraiato senza avere prospettive, ho abitato la frattura, ho sentito viva la cicatrice dei miei sbagli e di quello che prescindeva da me. In questo taglio, a Padova, la Fuci si è rifatta viva con chi ha dieci anni meno di me: abbiamo lavorato ad un fumetto su Etty Hillesum – andate a visitare il profilo Instagram di etty.hillesum.stories – faremo estrema fatica a pubblicare questo fumetto, un lavoro inutile come quello dei nostri mercoledì sera di Trento, delle nostre speranze, delle nostre contraddizioni.

Eppure, forse è proprio qui il senso: in mezzo alle fatiche di questo tempo provare umilmente ad essere “il cuore pulsante della baracca”. Andare per una strada sporca e “senza bordi” come don Helder Camara. Dire dei “no” e pagare anche se non si è coraggiosi come Mayer Nusser.

Come dicevano Sophie e Jacques: allenare “cuore tenero e spirito saldo” e farsi una risata piena, non ironica né cinica, ma piena di vita se non si è minimamente capaci di farlo.

Questo pugno di polvere è il lascito della Fuci.

La sua nullità, che ci farà ritentare e risbagliare domani, è bella come un giglio nel campo.

*Giorgio Romagnoni, classe 1989, vive a Padova. Operatore sociale libero professionista, formatore tra giovani e rifugiati. Crede nel valore del fumetto come strumento per promuovere cittadinanza attiva: così ha creato il progetto “Il problema degli altri” (www.ilproblemadeglialtri.it) ispirato all’ “I care” di don Lorenzo Milani. Su Instagram @giorgioromagnoni. Con alcuni amici e amiche fucini di Padova hanno recentemente creato anche il profilo Instagram dedicato a Etty Hillesum: https://www.instagram.com/etty.hillesum.stories/. È stato fucino del gruppo di Trento dal 2009 al 2013 e Raf nel 2012/13.