La Fuci, un laboratorio di relazioni e spiritualità
di Elisa Vimercati*
Per la mia esperienza, la FUCI è stata un bellissimo laboratorio di relazioni, politica, cultura e spiritualità. Di tutti i ricordi che ho, ce n’è uno a cui tengo in maniera particolare: si tratta di tre giorni di ritiro spirituale a Mezzoldo, in provincia di Bergamo. Il ritiro riuniva tutti i gruppi fucini della Regione Lombardia, guidati dall’allora Assistente Spirituale del gruppo FUCI di Bergamo, don James Organisti, e da don Rinaldo Ottone, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Belluno.
Quell’esperienza è stata una tappa significativa nel mio percorso di fede; perciò, l’avevo fermata in alcune pagine di diario. Le riporto qui, come pennellata fresca di ricordo.
“Tre giorni di esercizi spirituali, in montagna, in un rifugio. Che bello, la Vita! Sensazione già sperimentata altre volte in ritiri del genere, sensazione di reale completezza, perché si trattava di toccare le corde del proprio spirito e del proprio cervello, insieme agli altri ragazzi; e questo unisce, unisce per davvero, perché alla fin fine capita che il “dentro”, le anime, si mettano un po’ più a nudo, in quei momenti, e se due anime escono più allo scoperto, e si incontrano e dialogano, allora il contatto è forte.”
Della FUCI traggo come tesoro questo: relazioni brevi ma intense, vere. Insieme alle mie parole, voglio condurvi un po’ dentro la bellezza vissuta allora. Lo faccio riportando una riflessione condotta da don Rinaldo a seguito dell’ascolto di un brano dall’”Overture Coriolano” di Beethoven:
“C’è un inseguimento, un inseguimento incalzante, ne va della vita; il protagonista scappa, ha paura, viene colpito e infine ucciso. Proviamo a immedesimarci nel brano: e se fossimo noi quelli inseguiti, assaltati, uccisi? Chi è colui che ci insegue? Cosa vuole da noi? Perché ci colpisce a quella maniera, perché ci vuole uccidere? E infine, come ci potremmo salvare?”
Una possibilità è che questo inseguitore sia Dio, che ci invita a una lotta come quella intrapresa con Giacobbe nel libro della Genesi. Una lotta notturna, fino all’alba, nel luogo chiamato Penuel, lotta in cui Dio lascia spazio alla libertà di Giacobbe, lo colpisce, chiede da andare e Giacobbe gli chiede di benedirlo.
Che senso hanno questa lotta, e questa benedizione?
Giacobbe ha ottenuto la primogenitura e la benedizione paterna con l’inganno fingendosi Esaù, dopo essersi fatto vendere da questi la sua primogenitura. Ha quindi costruito la sua vita sulla menzogna, ma ora vuole riscattarsi perché ha riconosciuto nell’avversario chi gli può dare questo riscatto.
Allora Giacobbe cambia nome e diventa Israele, cioè “Dio è forte”. Con questo è come se Dio gli dicesse: hai vinto perché hai lottato bene. Non hai vinto una battaglia a caso; tu che hai cominciato una vita di menzogna hai vinto, hai cambiato rotta nel momento in cui era significativo farlo. Io rischiavo di diventare il tuo nemico perché non riuscivi più a stare di fronte a me.
Siamo capaci di sopportare la verità sulla nostra vita?
Noi a volte diamo ai nostri amici le nostre ragioni per cercare la loro benedizione e renderli complici. Ma Dio non ci dà una benedizione complice, ci provoca. Con Dio tutte le nostre “ragioni”, tutti i nostri sofismi non servono, perché lui ci vede interamente per come siamo, ci fa la radiografia dentro. È come se avesse i laser e noi non siamo in grado di sopportarli, perché non sopportiamo di stare davanti a noi stessi, tanto è il peso delle nostre contraddizioni. Ma Giacobbe ha guardato faccia a faccia tutta la sua vita, ha guardato ogni singola contraddizione, una per una… ed è rimasto vivo. Questo è un miracolo.
Pensiamo allora che quell’inseguitore è Dio. Stare davanti a Dio è dura. Eppure, è lì e solo lì che nasce la vera fede. Noi possiamo dirci tutte le ragioni di questo mondo, ma quello a cui guarda Dio è questa onestà originaria, e nient’altro.”
Rimanere in piedi di fronte a un Altro che ti conosce in tutte le pieghe del tuo essere con questa onestà originaria è un miracolo.
Condividerlo con altri che compiono lo stesso gesto è una benedizione.
Questo è stata la FUCI per me: e sono davvero felice di averla scoperta e vissuta.
Chiudo con una poesia con cui si chiudeva il mio diario, salutando con calore tutti i fucini e le fucine con cui si è incrociato il mio cammino.
Date all’uomo le pause,
Date all’ uomo il silenzio,
Date all’ uomo il momento
in cui lasciarsi inquietare
e trovare il senso
per ordire il tessuto,
per unire i suoi giorni:
non vadano perduti,
in frantumi come perle
di una collana rotta a terra.
Lì lo raggiungerà Dio,
lì lo incalzerà Dio,
lì gli parlerà Dio:
“Spogliati, privo di tutto, nudo,
senza puntelli tranne che me”
Uomo gli resisterai,
forse Dio ti vincerà…
Allora uomo, distrutto
e finito,
Risuonerai tutto
di sole e eterna vita.
Come una corda risuonerai,
all’unisono con la musica del tuo Dio.
*Elisa Vimercati è Trainer e Researcher presso Lifeed, azienda EdTech che trasforma le esperienze di vita in competenze per l’azienda. Compagna, figlia, sorella gemella, amica, si è laureata in Filologia Moderna all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è stata presidentessa FUCI del gruppo universitario dal settembre 2007 al luglio 2009. Il suo motto è “Voglio cambiare il mondo e diventare me stessa, sempre più e sempre meglio”. Le sue due frasi guida sono: “Tutto passa, tutto serve”. E anche: “Courage doesn’t always roar. Sometimes courage is the quiet voice at the end of the day saying,’I will try again tomorrow’”. (Mary Anne Radmacher)