La via di Cristo
Giovanni Battista Montini, La via di Cristo, Editrice Studium, Roma 1931 (Quaderni universitari, 5-6).
Fra i testi apparsi nella collana Quaderni universitari vi è un piccolo volume, opera dell’allora assistente degli universitari cattolici, Giovanni Battista Montini. Il breve testo, appena 122 pagine, raccoglie gli schemi delle lezioni di un corso di religione tenuto dallo stesso Montini agli studenti sulla fede cristiana. È lo stesso autore, nell’introduzione, a spiegare che l’intento non è quello di pubblicare un trattato di teologia ma piuttosto quello di rendere pubblici gli schemi di un itinerario di 21 lezioni che, a partire da una riflessione sui presupposti razionali della fede arrivano a discutere dell’ideale etico cristiano dopo aver attraversato una serie di tappe nelle quali la fede viene considerata e approfondita alla luce non solo della spiritualità ma anche dello studio e della riflessione teologica. La struttura del testo è schematica: per ogni tema oggetto di una lezione si presentano i punti nei quali si articola l’insegnamento e si forniscono le indicazioni bibliografiche per poter approfondire singoli aspetti o il tema generale. Siamo dunque di fronte alle schede di un corso e non ad una trattazione distesa e compiuta, che tuttavia testimoniano un punto essenziale del ministero di Montini quale assistente della F.U.C.I.: l’insistenza sulla necessità di una preparazione teologica e di cultura religiosa per gli universitari cattolici, capace di affiancare gli studi universitari e integrarsi con essi.
Nella premessa del testo, Montini spiega che la ratio del corso e dei suoi contenuti è da ricerca nell’esigenza di rivolgere ai più giovani, ossia agli studenti, un invito allo studio della morale e della morale cristiana in modo particolare. La cornice culturale nella sua il testo prende forma e si colloca non è marcata solo da un’adesione allo sguardo fortemente critico della cultura di matrice cattolica verso la modernità e il pensiero filosofico moderno. Certo, Montini spiega che l’età moderna è caratterizzata da un approccio al discorso morale che abdica alla normatività per passare alla fenomenologia e ad un atteggiamento descrittivo. «La morale – spiega – non ha più da essere normativa, ma puramente scientifica, cioè di pura e passiva osservazione dei fatti compiuti. i fatti, da sé, da soli, per un insito bisogno di equilibrio … si faranno da sé la loro legge» (p. 16). Una notazione critica, questa, nella quale si rileva la presa d’atto della incidenza di orientamenti come il neoidealismo italiano, tanto nella sua versione crociana quanto in quella gentiliana. Quest’ultima rappresentava, del resto, uno dei contraltari del programma intellettuale montiniano che rigettava il primato dell’atto sull’idea come atteggiamento dogmatico che, nel compromettere il carattere prescrittivo della morale tendeva a diluire la responsabilità dell’uomo. «Oh! Dogma della cecità: “In principio era l’Azione”! Dogma del Goethe tedesco: non importa; ma assai di moda anche in Italia; come ognun vede» (pp. 16-17).
Accanto a questo vi è tuttavia il progetto di uno fare della morale cristiana, dunque della “via cristiana” al vivere, l’oggetto di uno studio e di un sapere. Un intento perseguito avendo lucida e dichiarata consapevolezza dei limiti profondi del panorama teologico italiano e romano rispetto a quella che è la grande produzione teologica d’oltralpe. Non a caso il testo di Montini rimanda ad autori come Sertillange e Gilson e dunque a tutta la produzione teologica e di storia del pensiero che anima una parte importante della vita culturale della Francia del primo dopoguerra. Ma il progetto che anima La via di Cristo appare più esteso e complesso, segnato, ad esempio da un appello ad uno sguardo sulla fede e sulla morale che sia sufficientemente maturo anche sul piano scientifico, confrontandosi con discipline, come ad esempio la sociologia (p. 18), che sono in grado di ricondurre la riflessione teoretica al confronto con il dato empirico e contingente dell’umano. E a questo si aggiunge il voler riannodare un filo con la tradizione del cattolicesimo ottocentesco dei Taparelli d’Azeglio, dei Rosmini e dei Manzoni, visto come premessa di un cattolicesimo capace di essere elemento vivo e vitale all’interno della grande cultura europea.
Il piccolo volume di Montini appare dunque come una sorta di condensato di quello che è il progetto che guida i suoi anni come assistente della F.U.C.I., presentando non solo lo stile ma quello che è un impegno di pastorale della cultura che mira a coinvolgere i giovani universitari proprio a partire dall’elemento qualificante la contingenza della loro esperienza nelle facoltà e negli atenei italiani: lo studio. L’idea è che non solo la fede e i suoi contenuti possano e debbano essere oggetto di studio, ma ancor più che lo studio fortifichi la capacità dei cristiani sia di rendere ragione del loro credere sia di animare e dare respiro alla cultura a cui appartengono. È un progetto destinato a conoscere l’opposizione del regime e un brusco arresto con le dimissioni di Montini, e tuttavia resta la testimonianza della capacità, allorché il fascismo consolidava il proprio consenso nel paese e in una larga parte del cattolicesimo italiano, di sviluppare e declinare un itinerario alto di cultura da parte dei cristiani.
A cura di Riccardo Saccenti