Alberto Marvelli
Energia, vitalità, movimento, conditi da un sorriso e da una spinta inesausta al servizio. Questo era Alberto Marvelli. Aveva saputo lasciarsi plasmare da ciò che di meglio poteva offrire l’associazionismo cattolico, nel tempo della sua maturazione scolastica ed universitaria, tra la due guerre: oratorio salesiano, servizio nelle file dei giovani dell’Azione Cattolica, formazione nella FUCI bolognese per gli anni dell’università. Tutto è stato per lui un’opportunità di crescita, umana e spirituale, con un’appartenenza forte ma interiormente libera. Non si nota in lui uno spirito di corpo esteriore o un cameratismo adolescenziale, che nascesse come risposta ad un bisogno di rinforzo della propria personalità. Queste esperienze associative sono state invece per lui come il prolungamento della sua libertà di azione, la necessaria manifestazione di uno spirito di ricerca e di servizio, che non poteva cessare nemmeno per poco tempo di muoverlo verso nuove conoscenze, nuove relazioni e nuove conquiste, umane ed intellettuali.
Servizio ai giovani e ai poveri, servizio intellettuale, servizio politico: tante mete tanto intensamente desiderate e ricercate e in certo modo raggiunte, in un arco di vita così breve e intenso, 28 anni, lo hanno portato dagli oratori giovanili alle mense dei poveri al servizio degli sfollati durante la guerra, fino all’esperienza di assessorato nella giunta comunale riminese negli anni immediatamente seguenti alla II guerra mondiale. Tutto parte da un incontro tanto misterioso quanto profondo con quel Dio così immensamente grande e immensamente buono, che così descrive nell’incipit del suo Diario personale. Squarcio di un’intimità mistica adolescenziale, che lo Spirito ha potuto disegnare nel suo cuore, docile e disponibile ad essere plasmato.
Da quell’incontro, attraverso una spiritualità intimamente configurata al mistero del Cristo nel Getsemani, luogo di una volontà umana purificata e trasfigurata dall’amore di Dio, Alberto arrivò a sperimentare un vero e proprio abbandono ad una volontà misteriosa ma concretamente vissuta nell’offerta quotidiana e nel vortice del suo impegno nel mondo. L’interrogativo vocazionale rimane aperto ancora in Alberto, le cui energie affettive sembrano interamente consacrate ad una manifestazione continua di amore, verso i piccoli, i poveri e la costruzione del bene sociale: sposarsi, farsi prete? Proprio questo abbandono al Padre, come Cristo al Getsemani, senza ulteriori riferimenti, ha costituito l’ultimo approdo di una coscienza sempre inquieta e caratterizzata da un discernimento continuo delle proprie scelte.
Cosa direbbe oggi Alberto ai ragazzi e ai giovani? Come si presenterebbe senza schiacciarli precocemente sotto il peso di una simile altezza?
In un tempo di nuove schiavitù e dipendenze direbbe loro l’anelito alla libertà; in un tempo di individualismo competitivo mostrerebbe loro la bellezza della cura dei più piccoli; come antidoto contro il conformismo social offrirebbe loro la passione per la creatività e la curiosità per la scienza; infine li inviterebbe alla scoperta del loro desiderio di fondo, come una possibile via di purificazione da un’immaginazione affettiva indotta e manipolata.
In un tempo di crisi e cambiamenti epocali, la fiducia di Alberto nelle risorse del cuore umano e in un’intelligenza illuminata dalla luce di Dio offre ancora alle nuove generazioni uno stimolo per impegnarsi nella costruzione di una società più giusta e sostenibile e un invito a percorrere le vie di Dio dentro alle loro domande e ai loro linguaggi.
don Davide Arcangeli
Per saperne di più:
Centro documentazione e studi su Alberto Marvelli della diocesi di Rimini
Scheda biografica sul portale Biografie resistenti di Isacem
Bibliografia
A. Marvelli, Diario e lettere. La spiritualità di un laico cattolico, (a cura di Fausto Lanfranchi) San Paolo Edizioni 1998.
A. Marvelli, La santità nel quotidiano. Itinerario spirituale, San Paolo Edizioni 2004.
A. Marvelli, La mia vita non sia che un atto d’amore. Scritti inediti (a cura di Elisabetta Casadei), Ed Messaggero Padova 2005.