Summula sociale
Amintore Fanfani, Summula sociale. Secondo l’insegnamento pontificio, Editrice Studium, Roma 1945.
I mesi drammatici nei quali l’Italia diviene uno dei teatri in cui si combatte il secondo conflitto mondiale vedono intrecciarsi le vicende belliche a quelle politiche e il sovrapporsi fra la linea del fronte, che lentamente risale la penisola, e l’aprirsi del fronte interno della guerra civile e della lotta di liberazione. Questo scenario, nel portare con sé la crisi terminale del fascismo come fatto storico, apre lo spazio nel quale emerge il pluralismo di sensibilità politiche e culturali che viene strutturandosi in iniziative di elaborazione di pensiero e di definizione di piattaforme politiche. È ciò che accade, come noto, anche in senso al cattolicesimo italiano, con l’iniziativa del Codice di Camaldoli o con la stesura delle Idee ricostruttive di De Gasperi. In un certo senso, iniziano ad acquisire una forma culturale e organizzativa compiuta gli esiti del modo in cui una parte della Chiesa aveva attraversato il Fascismo, ossia cercando di definire e preservare uno spazio – quello della vita religiosa dei cattolici e dei laici soprattutto – che era divenuto anche luogo di elaborazione di un pensiero sulla storia e sulle cose degli uomini. Il frantumarsi dell’ordine politico e sociale dell’Italia di allora, come anche delle basi culturali che avevano inteso fondare l’operare del Fascismo, poneva la questione di delineare visioni nuove e alternative sulla società, sull’organizzazione economica, sulle relazioni politiche, da offrire al discorso pubblico e tradurre in scelte operative nel paese.
È dentro la cornice di questo fermento, che si anima quando ancora la guerra non è terminata, che prendono consistenza una serie di uniziative da parte di autorevoli figure del laicato cattolico italiano che proseguono e alimentano quanto era stato codificato a Camaldoli o nei molteplici manifesti che sono stesi fra il 1943 e il 1945. Fra questi ha un ruolo non secondario la Summula sociale che Amintore Fanfani pubblica, nel 1945, presso l’editrice Studium e che è parte della serie di testi realizzati dall’Istituto Cattolico per le Attività Sociali (ICAS). Quest’ultimo era nato come istituzione incaricata di fare da punto di riferimento per sviluppare e articolare quella riflessione sulla dimensione sociale ed economica che già nel Codice di Camaldoli aveva assunto un ruolo così rilevante nel pensare un nuovo assetto per l’Italia. Quel piccolo testo dell’allora giovane professore dell’Università Cattolica di Milano, che sarà figura chiave della Democrazia Cristiana, si presentava come una sintesi del pensiero sociale cattolico, costruita attraverso un richiamo esplicito all’insegnamento della Chiesa, in particolare a quello dei pontefici. L’intento era quello di delineare con chiarezza i contorni della prospettiva da cui i cattolici consideravano le questioni sociali, rivendicando alla tradizione del magistero ecclesiastico su questi temi lo status di un vero e proprio sistema di pensiero cristiano.
Questa visione organica e religiosa della società, dei suoi fondamenti, dello sviluppo a cui è ordinata e delle sue potenzialità, assumeva la forma di una trattazione organica, che Fanfani apriva con una premessa di natura squisitamente teologica. Il richiamo ai “presupposti dell’insegnamento sociale pontificio”, cioè a quell’insieme di verità che formano i cosiddetti preambula fidei, aveva un ruolo essenziale quale definizione dell’ottica religiosa scelta dall’autore. È su quei principi, dunque sulle basi di un’intelligenza credente delle cose, che vengono infatti considerati i quattro ambiti in cui si dipana il fatto sociale: l’uomo e la società (capitolo I); la famiglia (capitolo II); lo stato (capitolo III); l’ordine internazionale (capitolo IV). La trattazione delle diverse questioni viene significativamente organizzata sul modello letterario del Catechismo, ossia in una serie di quesiti, distribuiti secondo un preciso ordine espositivo, ai quali viene fornita non solo una risposta che enuncia il punto di vista “cattolico” sul problema. Si allegano anche i passi dei testi del magistero pontificio nei quali l’insegnamento sociale viene esplicitato e articolato.
Tanto la struttura del testo quanto la sua forma letteraria rimandano a quelle che sono le sue finalità. Come suggerisce il titolo latino (Summula), l’intenzione di Fanfani era quella di produrre uno scritto che, in uno spazio contenuto, fornisse un’esposizione ordinata e puntuale del pensiero sociale che emergeva dal magistero pontificio. Questo combinato di sistematicità e brevità mirava a fare di questo scritto un’opera rivolta a un pubblico diversificato. Come precisava lo stesso Fanfani nella nota introduttiva, la natura del testo faceva sì che: «il semplice – per il quale ho pensato dovesse essere redatta una simile opericciuola – ha nel testo tutto ciò che cerca in formule piane e brevi; l’erudito ha in nota la fonte della formula e da essa può risalire al documento originale dal quale è tratta e del quale son ricordati l’autore e il titolo» (p. 6).
Il breve testo di Fanfani, che attraverso l’ICAS e l’editrice Studium contribuì a delineare la cornice di principi sociali su cui poggiare un’elaborazione operativa da parte dei cattolici, inclusi i fucini e i laureati cattolici, si legava a quella che era stata l’esperienza del cattolicesimo inglese degli anni immediatamente precedenti la guerra. In particolare si guardava al lavoro del gesuita Cyril Clump e alla sua Catholic Social Guide pubblicata a Oxford, nella quale si era cercato di dare un ordine sistematico al pensiero sociale rifuso nei documenti pontifici. In questo senso la Summula sociale va accostata ad altri scritti che, in quegli anni, affrontano le tematiche sociali ed economiche muovendo da una visione di cultura religiosa cristiana. Si pensi al volume Persona, beni, società in una rinnovata civilità cristiana che lo stesso Fanfani pubblica nel 1945, come anche alla semina di contributi che si riversa nelle pagine di Cronache sociali, a partire da L’attesa della povera gente di Giorgio La Pira.
È attraverso questi scritti che il laicato cattolico, sia nelle associazioni che si occupano di elaborazione intellettuale, sia in quelle che hanno una vocazione più espressamente operativa e pastorale, prende consapevolezza di come la cura delle relazioni sociali ed economiche rappresenti, assieme alla questione politica e istituzionale, l’altro pilastro su cui edificare l’Italia che esce dalla guerra e dalla dittatura. La Summula testimonia di questo sforzo di declinare la cultura religiosa dei cattolici in un programma di azione fra gli uomini, rimanda alla convinzione, che ispirò un’intera generazione di cattolici italiani, che fosse possibile dare forma in Italia ad una “nuova cristianità”.
A cura di Riccardo Saccenti
