La vita intellettuale

La vita intellettuale

La vita intellettuale

A.D. Sertillanges, La vita intellettuale, Editrice Studium, Roma 1945

Fra i testi che entrarono nel programma di pubblicazioni dell’Editrice Studium e che erano legati a costruire una sorta di terreno culturale e spirituale per gli universitari della Fuci nel quarto e quinto decennio del Novecento, un posto di rilievo riveste questo volume del padre Sertillanges. Filosofo e teologo domenicano, fra le figure più rilevanti del tomismo francese della prima metà del XX secolo, Sertillanges aveva insegnato lungamente all’Institut catholique di Parigi e all’Institut de France, pubblicando volumi di particolare rilievo sulla filosofia di Tommaso d’Aquino. Al 1921 data la pubblicazione de La vie intellectuelle, che recava come sottotitolo: son esprit, ses conditions, ses méthodes. Queste parole esplicitavano l’oggetto del volume: uno studio sui caratteri della vita intellettuale del cristiano nella contemporaneità che tuttavia diviene, nelle pagine del volume, vera e propria proposta culturale. Tradotto in italiano già nel 1925 e pubblicato dalla Società Editrice Libraria Italiana con prefazione di don Giulio De Rossi, nel 1945 l’editrice Studium dette alle stampe la nuova traduzione di Maria Pia Flick. Quest’ultima si basava sulla nuova versione dell’opera, pubblicata nel 1934 ed entrava a pieno titolo in quel gruppo di volumi destinati a costruire una sorta di costellazione di riferimento per gli universitari e gli intellettuali cattolici italiani negli anni tormentati del regime fascista, della sua crisi, della guerra, della Resistenza e poi della costruzione della Repubblica.
Il volume di Sertillanges appariva infatti non come una semplice riflessione sulle caratteristiche della vita intellettuale. Il domenicano affrontava una discussione del delicato rapporto fra attività intellettuale e vita cristiana nel contesto sociale e culturale della contemporaneità. Il punto era cioè quello articolare una critica di stampo apologetico rispetto alla cultura della contemporaneità, evidenziandone il carattere a-cristiano. Piuttosto, Sertillanges metteva in evidenza il dovere, per il cristiano, di misurarsi con la cultura e di praticarla e dunque di articolare una inculturazione della propria fede nel contesto a cui appartiene. Si trattava cioè di far tesoro, sul piano di una riflessione più generale sul valore della cultura, di una delle grandi discussioni che avevano animato il tomismo francese degli anni Venti e Trenta, ossia quella attorno alla definizione di “filosofia cristiana”. La convinzione che il cristianesimo non fosse estraneo al sapere filosofico e con esso alla cultura, ma che vi fosse al contrario un modo cristiano di essere intellettuali, aveva guidato autori come Sertillanges nella loro ricerca. La vita intellettuale costituiva, di quella riflessione, il precipitato sul piano della elaborazione di una proposta, per così dire, pratica: quella di un modo di praticare la vita intellettuale che diveniva stile di vita e metodo connotato cristianamente. Da qui l’idea che alla radice dell’impegno intellettuale vi sia, per il cristiano, una vera e propria vocazione e che la scelta di praticare questo genere di attività esiga un rigore, una regola di vita che scandisce tanto le grandi scelte nella vita dell’individuo quanto i dettagli più minuti che regolano la quotidianità.

La vita intelletuale ha così la struttura di una vera e propria proposta di vita, di una sorta di guida per poter esercitare quella che non è una semplice professione ma quasi un Beruf di weberiana memoria: esercizio di capacità che ha alla sua base una forte motivazione interiore. E in questo si coglie l’intuizione di intendere la dimensione intellettuale dell’esistenza dell’uomo non come un semplice mestiere, che si declina negli specialismi, ma come il piano nel quale si determina la crescita integrale della persona e si costruisce la sua capacità di misurarsi con le molteplici dimensioni della realtà. Un approccio, quello di Sertillanges, che combina il rigore della vita intellettuale con una visione aperta della cultura, che al cristiano chiede la fatica dello studio condotto con costanza e regolarità, mediante il quale si acquisiscono gli strumenti per capire ragioni e dinamiche delle cose.
Sono tali caratteristiche che spiegano la fortuna della traduzione del volume di Sertillanges che Studium pubblica alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Di fronte alle macerie dell’Europa emergeva proprio in quel frangente il tema delle radici culturali del conflitto e con esso l’esigenza di comprendere sia le responsabilità degli intellettuali nella crisi dei regimi liberali, nella costruzione degli stati totalitari come anche nella elaborazione di alternative di stampo democratico percorribili e traducibili in ordinamenti politici e sociali. La vita intellettuale appariva, da questo punto di vista, come la traccia di un filone di riflessione per i cristiani percorribile in tutta la sua profondità. Un’occasione, per i fucini e per i laureati cattolici, di fare proprio un tomismo non solo teorico ma pratico, spendibile come efficace proposta culturale da poter mettere in dialogo con le grandi proposte che in quegli anni segnavano il prendere forma di un’Europa faticosamente pacificata.

 A cura di Riccardo Saccenti