Comunità e relazioni, la mia esperienza nella FUCI

Comunità e relazioni, la mia esperienza nella FUCI

Comunità e relazioni, la mia esperienza nella FUCI

di Carlo Mascio*

Ho pensato a lungo su come raccontare la mia esperienza in Fuci. Su quale versante potesse rendere al meglio il cuore di quanto vissuto. Alla fine, ha prevalso quello più importante. La mia storia nella Fuci è una storia fatta di volti. Sono le persone, i compagni di viaggio, le loro storie personali, le loro ferite e i loro talenti a rendere unica ogni esperienza umana. Infatti, se penso a due parole che possono sintetizzare l’esperienza della Fuci vissuta ad Urbino, queste sono le prime che mi vengono in mente: comunità e relazioni. A pensarci bene, è proprio quello di cui uno studente fuori sede ha bisogno durante la sua vita universitaria: una comunità in cui vivere e delle relazioni sane attraverso cui esprimersi e condividere la propria vita universitaria.

Queste due dimensioni sono state cruciali per la mia crescita, in tutti i sensi. Un vero dono dall’Alto! Quelle realtà che il cuore desidera, ma che la mente non osa nemmeno chiedere perché crede che sia “troppo”.

Era il 4 ottobre 2007. Arrivavo dal mio piccolo paesello molisano, Portocannone, ad Urbino con i miei genitori. Un momento agrodolce: bello perché era la prima esperienza da solo; un po’ amaro praticamente per lo stesso motivo. Nell’aprile-maggio 2008 arriva la svolta. Una sera, aprendo il Vangelo prima di coricarmi, vengo raggiunto da una Parola: “Chi mette mano all’aratro e poi si volge indietro non è adatto al regno di Dio”. Panico! Ma anche gioia.

Da quel momento è iniziata la mia ricerca.

Per caso una suora, Tiziana, una Apostola della Vita Interiore che veniva spesso da Roma ad Urbino, mi parla della Fuci, di un gruppo che ad Urbino contava poche persone e che erano in procinto di provare a lanciare qualcosa. Li incontro. Nel frattempo, attorno alla Chiesa dell’Adorazione Eucaristica Perpetua di Urbino si era formato un piccolo gruppo di ragazzi che, senza appuntamento, si ritrovava per pregare. Parliamo insieme di questa opportunità e, dopo qualche settimana, incontriamo don Daniele Brivio, l’assistente ecclesiastico, un sacerdote giovane, “un prete di campagna” come lui amava definirsi. Ci dà subito fiducia. E il Vescovo Francesco Marinelli (da pochi giorni salito in cielo) grande fan della Fuci, non fece altro che benedire il tutto. Nel novembre del 2009 organizziamo il primo incontro aperto a tutti. Capiamo subito che in tanti aspettavano qualcosa del genere, attendevano un percorso dove poter condividere, un luogo dove poter sperimentare la comunione: una comunità. In quell’occasione, si aggrega a noi anche un giovane frate, padre Andrea Cannuccia, che ancora oggi è la guida spirituale del gruppo.

Da allora fino ad oggi c’è un filo rosso che passa di “generazione in generazione”: questa esperienza viene proposta non tanto come un momento di formazione culturale (di club in tal senso ce ne sono a iosa), bensì come una esperienza di vita vera. È questo quello che ogni studente (e ogni uomo) cerca per davvero: un luogo in cui possa fare veramente esperienza di Dio attraverso l’altro. Su questo tema coniammo il nostro motto, lasciandoci ispirare dal buon Pier Giorgio Frassati: Attraverso l’A/altro, verso l’Alto. Una specie di scioglilingua che racchiude un po’ tutta la nostra esperienza.

Da questa comunità sono scaturite amicizie vere, famiglie e vocazioni religiose. La Fuci ad Urbino è stata la rete con la quale poter coinvolgere tanti per poi dare la possibilità (nella libertà!) ad ognuno di poter mettersi personalmente in cammino. È stato proprio l’essere stati formati a stare insieme, lavorare insieme, condividere il proprio passato, le ferite che ciascuno portava dentro, a creare la comunità. Questa esperienza – che, ripeto, ancora oggi va avanti – ha segnato in maniera indelebile la mia vita lasciandomi in dote due regali: in primo luogo, la consapevolezza di aver ricevuto gli strumenti necessari per poter affrontare la vita vera. Sembra poco, in realtà è tutto. Lasciandoci aiutare spiritualmente e umanamente, in molti siamo arrivati ad una profondità tale da comprendere la bellezza del nostro valore; last but not least, ciliegina sulla torta (e che ciliegina!), mia moglie Elisabetta. Siamo stati presidenti di Gruppo per i primi tre anni dalla ripresa delle attività. Siamo entrati presidenti e ne siamo usciti fidanzati per otto anni e ora da quasi sei sposi e anche genitori di Giovanni Maria e di Cecilia Luce, una bella piccolona arrivata a gennaio scorso.

Insomma, tanta vita che nasconde una filigrana comune, un messaggio che ha permesso di stanare a poco a poco la mia controparola, la menzogna che mi abitava, per poter affermare la verità: io, noi valiamo semplicemente perché esistiamo!

Una verità semplice ma sconvolgente, capace, ogni giorno, di ricordare a me stesso il mio valore, la bellezza che mi è stata donata e quanta sono in grado di donare.

È un cammino bello, a volte faticoso. Ma se il risultato è lo stesso dell’esperienza fatta, allora ne vale davvero la pena.

*Carlo Mascio è marito di Elisabetta e papà di Giovanni Maria e Cecilia Luce. Giornalista pubblicista, ha studiato scienze politiche e comunicazione politica ad Urbino. Qui è stato Presidente del Gruppo Fuci Pier Giorgio Frassati dal 2009 al 2012 e Incaricato regionale per le Marche dal 2012 al 2014. Lavora a Roma nell’ambito delle relazioni istituzionali.