padre Enrico di Rovasenda

padre Enrico di Rovasenda

padre Enrico di Rovasenda

Il 17 giugno 1906 Torino, la città è ancora la luce di quello che fu nella seconda metà dell’Ottocento: la capitale d’Italia, del Regno, il cuore della vita economica e politica per un settantennio della storia nazionale. Siamo nel pieno della “belle epoque” l’Italia è unita, ma profondamente divisa in classi sociali, in terre dimenticate e in luoghi dove, si muovono i primi passi della seconda straordinaria rivoluzione industriale. Da cinque anni è nata la FIAT e proprio nella ex capitale sabauda e del Regno d’Italia, nasce un bimbo, di nome Carlo Baldovino Rovasenda di Rovasenda. Il filo conduttore dell’intera, lunga, esistenza di fra Enrico di Rovasenda è il riferimento imprescindibile agli anni di vita universitaria a Torino, inseparabili dall’esperienza civile e religiosa nella FUCI. Il suo modo di pensare l’umano, la fede, il rapporto chiesa-mondo, la presenza dei laici nella chiesa e le altre dimensioni umane e cristiane a queste legate hanno in quegli anni la loro solida e lucida radice. Terminati gli studi superiori presso il Collegio San Giuseppe, nel 1923 si iscrive al Politecnico di Torino, nel corso del primo anno si iscrive all’Azione Cattolica e nel 1924 inizia a frequentare il circolo “Cesare Balbo” della FUCI. Negli anni 1924-1925 collabora con il presidente diocesano dell’Azione Cattolica Andrea Guglielminetti che diverrà sindaco di Torino dopo il 1945. Nel 1925 è eletto presidente del circolo universitario “Cesare Balbo” di cui è membro Pier Giorgio Frassati che muore in quello stesso anno il 4 luglio; è riconfermato presidente nel 1926 e nel 1927. Nei giorni 18-20 aprile 1927, durante la sua presidenza, si tenne a Torino il convegno della FUCI con la presenza del presidente nazionale Igino Righetti e dell’assistente nazionale, mons. Giovanni Battista Montini. Commemorando mons. Franco Costa, presidente della FUCI ligure nell’anno di questo convegno, padre Enrico ha voluto ricordarne la rilevanza: “Righetti delineava il programma culturale della federazione in un articolo pubblicato, in occasione del convegno di Torino, su un ricco numero unico contenente articoli di Montini, del presidente del Cesare Balbo [B. di Rovasenda], di M. de Unterrichter, E. Zanzi, R. Bettazzi, C. Scassa, C. Lovera di Castiglione, S. Fino, D. Bues, A. Cojazzi, G. Bistolfi, C. Ruspa, L. Barale. Ho voluto menzionare i suddetti autori per motivi di gratitudine e perché hanno poi tutti avuto un ruolo importante nella storia del movimento cattolico in Torino e in Italia. L’articolo di Righetti prospettava così l’azione della FUCI: ‘Il programma culturale in quest’anno consta di tre argomenti: 1. il tomismo; 2. l’orientamento professionale; 3. le Chiese separate, argomenti che si propongono per tutto un anno allo studio della federazione: nei circoli, nelle giornate sociali e nei convegni. Si intende così di sottoporre all’attenzione dei fucini pochi argomenti che interessano vivamente la nostra vita di cattolici e di studenti’”. Montini e Righetti trovarono nei due presidenti di Genova, Franco Costa, e di Torino, Baldovino di Rovasenda, un appoggio convinto e aperto, basato sulla certezza che l’autonomia della FUCI e la sua linea culturale-spirituale sarebbero state ampiamente tutelate dai giovani ma autorevoli responsabili del movimento, Montini e Righetti, che godevano considerazione e fiducia da parte del santo Padre. L’incidente diplomatico di Bologna, la tendenza a forme diversificate di aggregazione degli universitari, sorta in taluni ambienti dell’Azione Cattolica, valutazioni diverse sulla politica universitaria provenienti dall’Università cattolica, non modificarono però la linea della FUCI, che aveva dato prova di crescente, intensa attività. Nel circolo di Torino fu più accentuata la posizione antifascista, legata alla memoria di Pier Giorgio Frassati e ad altre iniziative assunte dal “Cesare Balbo”. Enrico di Rovasenda – allora presidente del circolo FUCI “Cesare Balbo”- al volante. Nell’agosto del 1926 partecipa al congresso nazionale di Macerata che, in seguito a violenti scontri con studenti fascisti, viene trasferito ad Assisi e così ne fa memoria padre Enrico: “Della violenza fascista la FUCI doveva fare ben presto una dura esperienza nel congresso nazionale di Macerata proseguito in Assisi (27-29 agosto 1926). Il congresso, turbato da violenze prima ancora del suo inizio ufficiale, fu aperto da un forte discorso del padre Mariano Cordovani o.p., oltre che da due energici interventi di Righetti e di Montini. Contro la nostra presenza in università la milizia armata fascista e il GUF organizzarono nell’aula magna dell’ateneo e nelle strade una violenta battaglia. La FUCI resistette con dignità e vigore, subendo violenze e ferite, che colpirono vari amici, come Grondona di Genova e l’assistente ecclesiastico di Torino padre Enrico Ibertis o.p. Di fronte alla dichiarata incapacità del prefetto e del questore […], Righetti deliberò il trasferimento del congresso da Macerata ad Assisi”.

FUCI e Laureati Cattolici

L’attività della FUCI era nel frattempo cresciuta. La rivista “Studium” era stata potenziata, stavano per sorgere la Cooperativa Studium e “Azione Fucina”. Accanto a convegni e congressi presero inizio delle giornate sociali, una a Lecce il 20 dicembre 1926, un’altra a Milano il 30 gennaio 1927. In questo ambiente ed in questo contesto, universitario e fucino, maturarono le vocazioni sacerdotali sia di Franco Costa che di Baldovino di Rovasenda. Egli stesso nel 1992, ripensando a quegli anni che avevano profondamente segnato entrambi, così lo attesta: “Ho motivo di ritenere che sia stata comune a Franco e a me la vocazione del ‘servizio’ nella sua duplice forma civile-politica ed ecclesiale, con la scelta di quest’ultima per la chiamata di Dio e per la prevalenza del ‘servizio’ sacerdotale nella coscienza dell’uomo”. Il 23 novembre 1928 si laureò in ingegneria industriale meccanica con una tesi diretta dal professor Gustavo Colonnetti, eccezionale figura di maestro e alto esempio morale per il giovane allievo che lo ricorderà con venerazione per tutta la vita. Il 19 marzo 1929, nel convento di San Domenico di Chieri veste l’abito dei Frati Predicatori con il nome di fra Enrico. Dal 1939 al 1945 esercita l’ufficio di Maestro dei Frati Studenti succedendo a fra Tommaso Ferraris. A partire da questi anni e fin oltre i novant’anni è capillarmente presente in numerosi convegni e congressi di carattere filosofico, scientifico e teologico, di cui restano le tracce scritte negli atti pubblicati o negli interventi scritti conservati. Nel 1954 è assegnato al convento di Santa Maria di Castello in Genova, dove per tre volte è eletto priore. Nel 1959 ritrovava il cardinale Montini che non aveva dimenticato il giovane presidente della FUCI torinese. È lo stesso padre Enrico a ricordare quell’incontro: “Il mio ricordo fucino più lucido ed entusiasta fu quando partecipai al congresso di Torino del 1°-5 settembre 1959, con la prolusione tenuta dal nostro antico assistente nazionale, l’arcivescovo di Milano cardinale G. B. Montini. Ormai tutti adulti sentivamo che la FUCI, nella variazione dei tempi e degli indirizzi, aveva svolto un’opera storica, della quale era stato garante dalla giovane età di 28 anni colui che era ormai prossimo alla successione di Pietro”. Il cardinale Montini, divenuto papa, lo nominò Direttore aggiunto della Cancelleria della Pontificia Accademia delle Scienze il 12 novembre 1972 e Direttore il 3 aprile 1974, incarico che mantenne fino al 31 dicembre 1986. Il 19 ottobre 1986 fu nominato Assistente nazionale dei Laureati Cattolici 18, incarico mantenuto fino al 29 settembre 1992. Il 23 novembre 1992 l’Università di Genova gli ha conferito la laurea honoris causa in Architettura per essere stato promotore del primo restauro di un importante monumento, determinando una svolta nel recupero sociale e urbanistico del centro storico gravemente devastato nel corso della seconda guerra mondiale. Lasciati gli incarichi di Direttore della Cancelleria e di Assistente nazionale del MEIC per raggiunti limiti di età, è stabilmente vissuto nel convento di Santa Maria di Castello accogliendo inviti per conferenze ed interventi ben oltre i novant’anni.

Cento anni 1906-2006

Il 17 giugno 2006 è stato festeggiato il centesimo compleanno con la celebrazione eucaristica fra Enrico di Rovasenda partecipa alle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della Pontificia Accademia delle Scienze. Presiede Sua Santità Giovanni Paolo II. È presente anche il Cardinale Agostino Casaroli. Celebrazione Eucaristica presieduta dal Cardinale Tarcisio Bertone, Arcivescovo di Genova, con la partecipazione del Cardinale Georges Cottier, del Priore Provinciale e di oltre trenta concelebranti. Al termine della celebrazione sono intervenuti il Cardinale Cottier a nome della Santa Sede e dell’Ordine, i rappresentanti della Pontificia Accademia delle Scienze, del MEIC e del Comune di Genova e per ultimo don Antonio Balletto. Ha concluso padre Enrico con parole di riconoscenza al Signore ed ai presenti e ricordando, con commossa intensità, l’intervento di Paolo VI all’ONU il 4 ottobre 1965.

Nel 1992 l’Università di Genova conferiva a di Rovasenda la laurea honoris causa in architettura per i restauri promossi nel convento di Santa Maria di Castello. La lectio magistralis sui rapporti tra scienza, arte e fede tenuta nella circostanza è rimasta – testimonia Romolo Pietrobelli – «memorabile, illuminante e vigorosa». Il suo magistero intellettuale e spirituale, da vero discepolo di san Tommaso d’Aquino, è stato orientato al servizio della verità. «Il credente – ha lasciato scritto – percepisce il soccorso divino perfino nella ricerca naturale: le vie del cielo si sono aperte a Galileo con la scoperta del cannocchiale, ma non senza una mozione dello Spirito». In Santa Maria di Castello, nel cuore storico di Genova, padre Enrico di Rovasenda ha trascorso gli ultimi anni dell’esistenza terrena assistito dai confratelli. Giunto qui nel lontano 1954, aveva instaurato rapidamente un rapporto di schietta familiarità con la gente del quartiere. Ancora lo ricordano quando nelle case degli umili sedeva alla loro mensa, parlava e ascoltava. Era il suo modo di condividere il pane della verità. 

Nel saggio “Una cultura orientata nella fede”, pubblicato nel 1987 dall’Ave, in cui è raccolta una selezione degli articoli per la rivista Coscienza, il periodico del MEIC, Padre Enrico scriveva: “ La nostra missione culturale deve opporre alla civiltà delle ideologie, passiste mutevoli storicistiche, la civiltà della verità e dell’amore. I maggiori mali di questo nostro tempo dipendono dal tradimento di quegli intellettuali cha hanno rinunciato alla ricerca della cultura planetaria di tutto l’uomo di tutti gli uomini, per aderire a delle ideologie di intessi settoriali, subordinate a poteri dittatoriali e populisti. Il nostro compito, in spirito di umile servizio e di fraterno dialogo con tutti, è quello di rinnovare la cultura nella verità, nel bene e nella bellezza”. Queste parole sono la sintesi di un pensiero, di una testimonianza alta e vissuta, di un uomo di Dio per gli uomini. Per questo diciamo grazie a Padre Enrico dei suoi insegnamenti e lasciamo che la sua anima raggiunga nel cielo le braccia del Padre, di cui mai ha dubitato e sempre ha orientato la sua intelligenza e passione. Padre Enrico di Rovasenda è stato e continua ad essere un punto di riferimento della cultura cattolica del Novecento. Negli ultimi quindici anni è vissuto ritirato nel Convento di S. Maria del Castello di Genova, continuando la propria predicazione e gli studi teologici e l’approfondimento culturale di cui per cento anni ha dedicato la sua esistenza.

                                                                                     Luca Rolandi

Per saperne di più:

S. BADANO, Curriculum vitae e bibliografia di fra Enrico di Rovasenda, consultabile presso gli Archivi provinciali di Genova, Torino e Bologna
E. DI ROVASENDA, Il mistero cristiano nella vita del credente, Roma 1991
Azione Cattolica Italiana (a cura di), Don Franco Costa. Per la storia di un sacerdote attivo nel laicato cattolico italiano, Roma 1992